Difesa dell’integrità fisica della figlia (minacciata da un cane): insussistenza del pericolo di abuso nell’uso delle armi.

Porto di fucile per uso sportivo – Ricorso avverso revoca della licenza di porto di fucile per uso sportivo – difesa dell’integrità fisica della figlia  minacciata da un cane di grossa taglia – insussistente il pericolo di abuso nell’uso delle armi – Accoglimento  del ricorso.

MASSIMA NON UFFICIALE

Il TAR RC ha valutato, nella presente controversia, che la competente Autorità nell’adozione del gravato provvedimento non abbia correttamente apprezzato gli elementi aventi rilevanza ai fini del ritiro della licenza di porto di fucile per uso sportivo

La condotta tenuta dal ricorrente – sparo in aria di due colpi di arma da fuoco per difendere l’integrità fisica della figlia, minacciata da un cane di grossa taglia – non è sufficiente ex se a giustificare il ritenuto pericolo di abuso nell’uso delle armi. Il giudizio di non affidabilità, pertanto, appare immotivato e sproporzionato rispetto alla finalità di tutela della sicurezza pubblica per la quale è normativamente previsto“.


N. 00068/2018 REG.PROV.COLL. N. 00709/2017 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

Sezione Staccata di Reggio Calabria

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 709 del 2017, proposto da:
xxx, rappresentato e difeso dall’avvocato yy

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Reggio Calabria, presso i cui Uffici, in via del Plebiscito n. 15, ha legale domicilio;
Questura di Reggio Calabria, in persona del Questore pro tempore, non costituita;

per l’annullamento

– del decreto questorile CAT. xxxxxx/2017 di revoca della licenza di porto di fucile per uso sportivo, emanato il xx settembre 2017 e notificato in data xxx settembre 2017;

– di ogni altro atto connesso, collegato, presupposto, precedente e consequenziale, compreso il verbale di sequestro amministrativo armi e munizioni redatto dagli agenti dell’Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico della Questura di Reggio Calabria in data xxxx 2017 espressamente richiamato dal provvedimento di revoca impugnato.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2017 la dott. Donatella Testini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Contesta il ricorrente la determinazione questorile, in epigrafe indicata, di revoca del porto di fucile per uso sportivo rilasciata in suo favore il xxxx ottobre 2016.

L’atto di ritiro è stato emanato in relazione all’accadimento verificatosi il x y 2017, allorquando il ricorrente “aveva esploso colpi di arma da fuoco per difendere la propria figlia rincorsa da un cane di grossa taglia”.

Con il presente mezzo di tutela, la parte ricorrente domanda l’annullamento del predetto atto, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi.

I) Illegittimità del provvedimento impugnato. Eccesso di potere per difetto di motivazione e difetto d’istruttoria.

L’Autorità avrebbe emesso l’atto gravato omettendo la valutazione in concreto degli elementi di fatto della fattispecie.

Osserva che la condotta posta alla base della revoca è stata tenuta per legittima difesa, in presenza di un pericolo imminente per l’incolumità della propria figlia, inseguita ed in procinto di essere raggiunta ed aggredita da un pitbull senza museruola.

Trattasi, peraltro, di una condotta proporzionalmente adeguata atteso che sono stati esplosi due colpi di arma da fuoco in aria e dunque non verso il cane.

Soggiunge il ricorrente che il luogo del fatto può definirsi “aperta campagna”, non essendovi abitazioni diverse dalla sua abitazione, ma solo terreni agricoli di ampie dimensioni; l’accesso al terreno in cui si sono verificati gli spari è consentito per il tramite di strade interpoderali, a notevolissima distanza dalla pubblica via.

Rileva, infine, che tra il punto (l’uscio di casa) in cui sono stati esplosi in aria i colpi e la posizione del cane, intercorreva una distanza considerevole e che sul luogo dell’accaduto non vi erano altre persone oltre alla figlia.

II) Illegittimità del provvedimento impugnato. Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti. Violazione del principio di proporzionalità.

Rileva il ricorrente che, viste le su indicate circostanze di fatto, la misura adottata è sproporzionata ed inadeguata, apparendo eccessiva la prognosi di pericolo di abuso delle armi.

III) Illegittimità del provvedimento impugnato. Violazione di legge. Omessa comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo.

Rileva, infine, parte ricorrente l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, escludendo che nella fattispecie ricorressero particolari esigenze di celerità suscettibili di condurre alla pretermissione delle garanzie di partecipazione endoprocedimentale.

Conclude insistendo per l’accoglimento del gravame ed il conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

Il Ministero intimato, costituitosi in giudizio, ha invocato la reiezione del gravame.

La rilevata sussistenza dei presupposti indicati dall’art. 60 c.p.a. consente di trattenere la presente controversia – portata all’odierna Camera di Consiglio ai fini della delibazione dell’istanza cautelare dalla parte ricorrente incidentalmente proposta – ai fini di un’immediata definizione nel merito.

Prevede, infatti, la disposizione da ultimo citata che “in sede di decisione della domanda cautelare, purché siano trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso, il collegio, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata”.

2. Nel precisare che le parti presenti all’odierna Camera di Consiglio sono state al riguardo sentite, il ricorso all’esame si rivela fondato.

2.1. La normativa suscettibile di applicazione alla controversia all’esame è rappresentata:

– dall’art. 11 del TULPS di cui al R.D. 18 giugno 1931 n. 773, che così dispone:

Salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate:

1) a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione;

2) a chi è sottoposto all’ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza.

Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l’ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all’autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta.

Le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione”.

– dall’art. 43 dello stesso TULPS, che stabilisce:

Oltre a quanto è stabilito dall’art. 11 non può essere conceduta la licenza di portare armi:

a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione;

b) a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all’autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l’ordine pubblico;

c) a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi.

La licenza può essere ricusata ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi”.

Con una nutrita serie di precedenti nella materia in esame, la Sezione ha già numerose volte affermato che:

– l’autorizzazione alla detenzione ed al porto d’armi postulano che il beneficiario osservi una condotta di vita improntata alla piena osservanza delle norme penali e di quelle poste a tutela dell’ordine pubblico, nonché delle regole di civile convivenza (da ultimo, Cons. Stato, Sez. III, 11 marzo 2015 n. 1270);

– la valutazione che compie l’Autorità di Pubblica Sicurezza in materia è caratterizzata, quindi, da ampia discrezionalità e persegue lo scopo, anche in relazione a considerazioni di carattere “localistico”, di prevenire, per quanto possibile, l’abuso di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili;

– il giudizio di “non affidabilità” è giustificabile anche in situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma a situazioni genericamente non ascrivibili a “buona condotta” (Cons. Stato, sez. III, 27 aprile 2015 n. 2158 e 14 ottobre 2014 n. 5398);

dovendosi, peraltro, rammentare come il nostro ordinamento sia ispirato a regole limitative della diffusione e possesso dei mezzi di offesa, tant’è che i provvedimenti che ne consentono la detenzione ed utilizzo vengono ad assumere – su un piano di eccezionalità – connotazioni concessorie di una prerogativa che esula dall’ ordinaria sfera soggettiva delle persone.

Ciò determina che, nel bilanciamento degli interessi coinvolti, assume carattere prevalente, nella scelta selettiva dell’Amministrazione, quello di rilievo pubblico, inerente alla sicurezza e all’incolumità delle persone, rispetto a quello del privato, tanto più nei casi di impiego dell’arma per attività di diporto o sportiva (in termini, ex multis, la sentenza n. 552 del 12 giugno 2017 di questo Tribunale, che si richiama anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 74, seconda parte, c.p.a.).

2.2. Con riferimento alla presente controversia, quanto precedentemente esposto persuade il Collegio che il discrezionale apprezzamento esercitato dalla competente Autorità – e sostanziatosi nell’adozione del gravato provvedimento – non abbia correttamente apprezzato gli elementi aventi rilevanza ai fini del ritiro del titolo abilitativo di che trattasi.

Rileva, in tal senso, come correttamente dedotto dalla parte ricorrente, la totale assenza di valutazione delle caratteristiche concrete dell’episodio che ha condotto alla revoca.

La condotta tenuta dal ricorrente – sparo in aria di due colpi di arma da fuoco per difendere l’integrità fisica della figlia, minacciata da un cane di grossa taglia – non è sufficiente ex se a giustificare il ritenuto pericolo di abuso nell’uso delle armi.

Il giudizio di non affidabilità, pertanto, appare immotivato e sproporzionato rispetto alla finalità di tutela della sicurezza pubblica per la quale è normativamente previsto.

Il motivo di gravame è, dunque, fondato ed assorbente del motivo relativo ai vizi inerenti la partecipazione al procedimento.

Il ricorso, pertanto, va accolto con conseguente annullamento dell’atto gravato.

3. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria – Sezione Staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie; e, per l’effetto, annulla l’atto con esso impugnato.

Condanna la resistente Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio in favore della parte ricorrente, in ragione di € 1.000,00 (Euro mille/00), oltre accessori come per legge e refusione del contributo unificato, ove versato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Caterina Criscenti, Presidente

Angela Fontana, Referendario

Donatella Testini, Referendario, Estensore