Il carattere di immanenza del potere repressivo in tema di abusi edilizi

Pubblicato il 13/01/2017  – N. 00015/2017 REG.PROV.COLL. – N. 01352/2008 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

Sezione Staccata di Reggio Calabria

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 1352 del 2008, proposto da XX, rappresentato e difeso dagli avv.ti …… ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Reggio Calabria, via ….

contro

Comune di Reggio Calabria, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv……

per l’annullamento

– della determina del 17 luglio 2008, prot. …., emessa dal Dirigente del Dipartimento Programmazione – Settore Urbanistica del Comune di Reggio Calabria, con la quale è stata dichiarata l’improcedibilità della domanda di condono edilizio avanzata con istanza proposta ai sensi della legge 23 dicembre 1994 n. 724, art. 39 comma 4, ed il conseguente diniego del permesso di costruire in sanatoria, notificata il 28 luglio 2008;

– nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Reggio di Calabria;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2017 il dott. Roberto Politi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con istanza del 28 febbraio 1995, il ricorrente ha richiesto il condono di un manufatto ad un piano fuori terra ubicato in località A….., a …..

Con nota del 23 luglio 2007, prot. —, notificata il 16 agosto 2007, il Comune di Reggio Calabria ha chiesto all’odierno ricorrente di integrare la documentazione allegata all’istanza, mediante la produzione, entro tre mesi dalla sua notifica, anche della concessione a titolo oneroso all’uso del suolo su cui sorge l’edificio nel caso in cui fosse stato realizzato su suolo di proprietà dello Stato e di altri enti pubblici territoriali.

Dal momento che il suolo su cui sorge detto edificio è di proprietà della Provincia di Reggio Calabria, il sig. XX si è immediatamente attivato al fine di ottenerne la concessione.

Presso la Provincia di Reggio Calabria, l’interessato ha però constatato che detto suolo, della superficie complessiva di mq. 6.105, essendo relitto della fiumara …. contraddistinta al foglio n. … del nuovo catasto terreni del Comune di Reggio Calabria, risultava concesso, probabilmente per errore, ad altro soggetto, tale sig. ….

Il sig. xx ha quindi chiesto la concessione del suolo al fine di poter presentare la richiesta di provvedimento concessorio al Comune di Reggio Calabria; contestualmente sollecitando, presso quest’ultima Amministrazione, una proroga dei termini concessi per la produzione di tali documenti.

Con nota del 4 marzo 3008, prot. n. …., il Comune di Reggio Calabria ha trasmesso al ricorrente, ai sensi dell’art. 10-bis della legge 241/90, preavviso di rigetto della domanda per “carenza di documentazione”.

Con successiva determina del 17 luglio 2008, prot. …., il Comune di Reggio Calabria ha dichiarato l’improcedibilità della domanda di condono edilizio “per carenza di motivazione” ed il conseguente diniego di permesso di costruire, demandando all’unita organizzativa vigilanza edilizia per i provvedimenti di competenza di cui al titolo II, capo II del DPR 380/2001.

Assume la parte l’illegittimità dell’atto indicato in epigrafe per i seguenti motivi:

Eccesso di potere per illogicità del provvedimento e difetto assoluto del presupposto, nonché difetto di istruttoria e manifesta ingiustizia.

Nel ribadire di aver rappresentato alla procedente Amministrazione la circostanza integrata dalla impossibilità di ottenere la concessione del suolo, già concesso ad altri, il ricorrente lamenta che il Comune intimato, pur consapevole della richiesta, non abbia, nondimeno, tenuto conto dell’impossibilità del sig. xx di poter definire la questione nei tempi richiesti.

Rappresenta inoltre la parte che il Comune di Reggio Calabria, pur avendo esaminato l’istanza di condono a distanza di ben 12 anni dalla sua presentazione, abbia tuttavia, concesso poco meno di tre mesi per completare e depositare la documentazione integrativa.

Né può sostenersi che il termine di tre mesi concesso sia, comunque, previsto dalla legge di riferimento (comma 4 dell’art. 39 della legge 724/1994) atteso che la ragionevolezza del termine de quo sarebbe potuta venire in considerazione soltanto nel caso dell’immediato esame dell’istanza.

Conclude parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell’impugnativa.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2017.

DIRITTO

1. Va evidenziato come l’intimata Amministrazione comunale (cfr. memoria depositata in atti alla data del 30 novembre 2016) abbia insistito per il rigetto del ricorso (già sollecitato all’atto della costituzione in giudizio dello stesso Comune), assumendo che:

– il ricorrente aveva inoltrato, in data 28 febbraio 1995, richiesta di condono di un fabbricato ad un piano fuori terra ubicato in località …..;

– il Comune di Reggio Calabria, con nota del 23 luglio 2007, aveva richiesto alla parte di procedere ad integrazione della documentazione mancante, in particolare della concessione a titolo oneroso all’uso del suolo nel caso in cui la proprietà dello stesso fosse dello Stato, concedendo, all’uopo, un termine di tre mesi;

– in difetto di risposta alcuna da parte del ricorrente, decorsi otto mesi dalla richiesta anzidetta, veniva a quest’ultimo trasmesso preavviso di rigetto, per carenza di documentazione;

– soltanto in data 7 aprile 2008, il sig. XX chiedeva la riapertura dei termini, asserendo di aver “avviato l’iter burocratico per il rilascio della concessione del suolo agli enti competenti, che a causa della legge sul riordino delle competenze amministrative si è succeduto un passaggio delle stesse tra i vari Enti Territoriali, per cui è a tutt’oggi in corso presso l’Amministrazione Provinciale l’istruttoria della richiesta di concessione del suolo e la conseguente riperimetrazione delle aree lungo le ……”; impegnandosi, peraltro, “a produrre la documentazione integrativa perentoriamente entro i 30 gg. successivi alla presente” (ovvero, entro il 7 maggio 2008);

– in data 1° luglio 2008, a due mesi dallo scadere della richiesta proroga, il responsabile del procedimento ha promosso l’emanazione del diniego di permesso di costruire, in ragione della “carenza di documentazione”.

Nell’assumere come il signor XX ben fosse a conoscenza di non aver provveduto all’integrazione della documentazione richiesta, nonché del mancato rispetto della tempistica procedimentale e di non aver adempiuto nel termine di proroga dal medesimo richiesto, la difesa dell’Amministrazione resistente sostiene la correttezza dell’operare da quest’ultima posto in essere.

2. Alle considerazioni come sopra sintetizzate, ha replicato parte ricorrente (memoria depositata il 10 dicembre 2016), assumendo di aver chiesto, già nel 2008, una concessione di disponibilità dell’aera da parte della Provincia (in difetto della quale il XX non avrebbe potuto conseguire alcuno dei nulla osta relativi ai vincoli insistenti nell’area; e soggiungendo che soltanto nel 2015 la Provincia evadeva quanto richiesto rilasciando il necessario parere favorevole alla concessione dell’area demaniale.

Se il motivo che ha condotto l’Amministrazione comunale all’emissione del provvedimento impugnato è rappresentato dal mancato rispetto dei termini decadenziali per la produzione di atti e documenti, ribadisce la parte come la relativa (pur protratta) impossibilità sia stata esclusivamente dovuta ad un ingiustificato inadempimento da parte:

– della Provincia di Reggio Calabria (mancato parere di concessione)

– e del Comune di Reggio Calabria (mancata destinazione urbanistica dell’area).

Senza tali atti (vertendosi in un caso di interventi edilizi in zona sottoposta a vincolo ai sensi delle leggi 1° giugno 1939 n. 1089, 29 giugno 1939 n. 1497 e del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431), l’istruttoria non avrebbe potuto procedere e pervenire alla sua conclusione provvedimentale.

3. Come sopra puntualizzate le contrapposte posizioni dalle parti fatte valere in giudizio, il ricorso si manifesta infondato.

Fermo il noto carattere di immanenza del potere repressivo in tema di abusi edilizi – di talché anche l’esercizio dello stesso a distanza di tempo dalla violazione della normativa in tema di insediamenti sul territorio non rende, ex se, illegittimo l’ordine ripristinatorio in ragione della connotazione in termini di “permanenza” dell’abuso stesso – nel caso di specie, la vicenda sottoposta all’esame del Collegio dimostra:

– da un lato, una condotta ascrivibile al ricorrente connotata da protratta inerzia, come infra si avrà cura di precisare;

dall’altro, l’emersione di un intervento edilizio non assistito da valido titolo edificatorio, risultando la presentata domanda di condono sprovvista – come posto in luce dalla procedente Amministrazione comunale – del necessario corredo documentale.

Come si è avuto modo di apprezzare, parte ricorrente assume – da ultimo, con memoria conclusionale depositata in atti alla data del 21 dicembre 2016 – che non sia riconducibile a fatto proprio la mancata acquisizione degli apporti endoprocedimentali (parere ai fini paesaggistici, di competenza della Provincia; destinazione urbanistica dell’area, rientrante nelle attribuzioni comunali) che hanno precluso il completamento dell’avviata pratica di condono, ancorché all’interno di un arco temporale di rilevante commisurazione.

La stessa parte, peraltro, ha omesso di diligentemente esercitare le azioni che l’ordinamento, come noto, appresta a tutela a fronte di comportamenti ingiustificatamente omissivi della Pubblica Amministrazione, laddove il provvedere sia connotato da carattere di doverosità.

Il mancato esperimento delle relative azioni da parte del soggetto interessato al rilascio del titolo edilizio ha contribuito a consolidare nel tempo proprio quella condotta omissiva che la parte stessa indica a fondamento del mancato perfezionamento del procedimento preordinato al conseguimento di condono; omettendo, peraltro, di porre in luce come un proprio comportamento improntato a canoni di ordinaria diligenza ben avrebbe potuto, nel dipanarsi di una vicenda che ha avuto sviluppo pluriennale, condurre a stigmatizzare nella necessaria sede giudiziale la condotta omissiva (soltanto ora) esecrata (ed a conseguire pronunzie suscettibili di superare l’impasse endoprocedimentale.

4. Va, da ultimo, evidenziato come sia, ulteriormente, insuscettibile di favorevole considerazione la censura con la quale parte ricorrente lamenta l’esiguità del termine alla medesima concesso per provvedere alla sollecitata integrazione documentale.

Il comma 4 dell’art. 39 della legge 23 dicembre 1994 n. 724, infatti, espressamente prevede che “La mancata presentazione dei documenti previsti per legge entro il termine di tre mesi dalla espressa richiesta di integrazione notificata dal comune comporta l’improcedibilità della domanda e il conseguente diniego della concessione o autorizzazione in sanatoria per carenza di documentazione”.

L’indicato arco temporale è stato, largamente, superato dal ricorrente per procedere alla integrazione documentale di che trattasi: dovendosi escludere che incombesse in capo al Comune alcun obbligo di accedere alla richiesta di dilazione dalla parte stessa presentata, peraltro in epoca largamente successiva alla scadenza del termine sopra indicato.

5. Le condotte considerazioni inducono ad escludere che le doglianze articolate con il presente mezzo di tutela si prestino a condivisione; per l’effetto, dovendo disporsi la reiezione del gravame.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente XX al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune di Reggio Calabria, in ragione di € 1.500,00 (Euro mille e cinquecento/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Roberto Politi, Presidente, Estensore

Filippo Maria Tropiano, Referendario

Donatella Testini, Referendario

IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Roberto Politi