TAR RC: breve ricognizione sulla natura giuridica dell’ordine di riduzione in pristino dello stato dei luoghi.

Il TAR Calabria, sez. di Reggio Calabria, nella sentenza n. 47 del 2017 mette in rilievo che “la misura dell’ordine di riduzione in pristino dello stato dei luoghi, che consegue all’accertamento del carattere illegittimo di un manufatto realizzato senza titolo o in sua difformità, ha carattere reale in quanto è volta a ripristinare l’ordine prima ancora materiale che giuridico, alterato a mezzo della sopravvenienza oggettiva del manufatto, cioè di una “cosa”, priva di un giusto titolo: non già a sanzionare il comportamento che ha dato luogo a quella cosa (al che presiede, piuttosto, la fattispecie penale dell’art. 44 del D.P.R. n. 380 del 2001). Ne consegue, a ben vedere, che la stessa qualificazione di “sanzione” della misura ripristinatoria è impropria,perché non si tratta di sanzionare, cioè di punire, un comportamento, ma solo di adottare una misura di ricomposizione dell’ordine urbanistico quale si presentava, e che ha di mira solo l’eliminazione degli effetti materiali dell’avvenuta sua ingiustificata alterazione“.

In tale prospettiva, in quanto misura demolitoria, è chiaramente opponibile anche a soggetti estranei al comportamento illecito come, ad esempio, gli eredi o aventi causa dell’autore dell’abuso.

Essendo, quindi, una “misura riparatoria a carattere reale”, per consolidata giurisprudenza, si trasmette agli eredi l’obbligazione ripristinatoria insita nell’ordine di demolizione dell’opera abusiva.

In ragione di quanto affermato il TAR chiarisce che “all’automatismo dell’acquisizione una volta decorso il termine dall’emanazione di un’ordinanza di demolizione … pertanto, non può farsi derivare una così seria conseguenza se costoro stessi non sono stati fatti espressi destinatari di un rinnovato ordine di demolizione” …omissis… Ne consegue dunque che, in sede di rinnovazione del procedimento, l’ordine di demolizione dovrà necessariamente essere comunicato nei confronti dei successori mortis causa“.

Infine, lo stesso TAR RC puntualizza che è la stessa giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, Sez. V, 11 luglio 2014, n. 3565) in piena sintonia con la sentenza della Corte costituzionale, 15 luglio 1991, n. 345, che “l’acquisizione gratuita dell’area dove è stato realizzato un immobile abusivo non possa essere dichiarata verso il proprietario estraneo al compimento dell’opera abusiva, che non possa ritenersi responsabile della stessa, facendo eccezione il caso in cui il proprietario, pur non responsabile dell’abuso, ne sia venuto a conoscenza e non si sia adoperato per impedirlo (Consiglio di Stato, Sez. III, 15 ottobre 2009, n. 2371) e l’ipotesi che l’attuale proprietario abbia acquistato il manufatto dal proprietario che aveva commesso l’abuso, pur se il nuovo non è responsabile dello stesso, subentrando nella sua posizione giuridica”.

ANNOTAZIONI

Le motivazioni del TAR Calabria, sez. Reggio Calabria si basano su una consolidata giurisprudenza, ex multis:

  • Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza n. 7 aprile 2014, n. 3392 – “La natura reale e oggettiva della misura ripristinatoria e la mancanza nella legge di un termine decadenziale all’inerente potere pubblico rendono, a utilizzare una categoria concettuale propria del diritto punitivo, permanente l’illecito edilizio. Il che impedisce, per definizione, lo stesso sorgere (che postulerebbe una buona fede iniziale) e dunque la stessa formazione di una situazione di legittimo affidamento (cioè secundum ius), meritevole di una qualche protezione giuridica. Né, ovviamente, può immaginarsi una sorta di usucapione di intangibilità dell’abuso. E’ del resto consolidato in giurisprudenza che i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia sono atti vincolati e non richiedono una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico da tutelare, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, non potendosi ammettere l’esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può legittimare (Cons. Stato, VI, 11 maggio 2011, n. 2781, 5 aprile 2012, n. 2038 e 28 gennaio 2013, n. 496): il potere amministrativo di vigilanza, di controllo e di sanzionabilità del comportamento illecito dei privati, qualunque sia l’entità dell’infrazione e il lasso temporale trascorso, non è soggetto ad esaurimento, salve le ipotesi di dolosa preordinazione o di abuso”. Link